I quattro ambiti principali della messinscena sono: l’ambientazione, l’illuminazione, il colore e la recitazione. Dopo aver parlato dell’ambientazione ci soffermiamo sull’illuminazione
L’illuminazione costituisce un passaggio cruciale nella lavorazione di un film. La luce può cambiare la resa figurativa di una scena, incidendo fortemente sul significato complessivo del film. La luce permette di vedere e di capire l’insieme degli elementi presenti in un’inquadratura, è un vero e proprio vettore di senso. Ad esempio, illuminare parzialmente un personaggio significa introdurre una nota di ambiguità, di incertezza; al contrario illuminare la scena in maniera uniformemente chiara contribuisce a creare un clima neutro. La luce costituisce un elemento simbolico, uno strumento figurativo in grado di stabilire l’atmosfera di un film.
Lost in Translation (2003) Sofia Coppola
La luminosità indica la percezione di intensità luminosa che riflette da un certo oggetto o è emesso da una fonte di luce. Le fonti di luce hanno diverse intensità e ciò ovviamente influisce sulla luminosità degli oggetti che esse investono. Nell’immagine cinematografica l’opposto delle zone di luce sono le ombre e il buio. Le ombre si dividono in:
Il contrasto è la differenza tra l’area più scura e l’area più chiara dell’inquadratura. Quando questa differenza è notevole, anche i toni intermedi (i grigi per il bianco e nero o le sfumature per il colore) tendono a ridursi, cioè la gamma tonale si restringe.
Fight Club (1999) David Fincher
Le luci possono essere divise in visibili e invisibili:
Nella gran parte delle opere cinematografiche la messinscena è illuminata prevalentemente da fonti esterne, che il pubblico non vede. Le fonti di luce visibili all’interno dell’inquadratura hanno la funzione di motivare un effetto di luce ottenuto attraverso la luce invisibile. Basti pensare alle scene con piccoli abat-jour (luce intradiegetica) che una volta accesi, illuminano un’intera stanza, attraverso però la luce extradiegetica
Se mi lasci ti cancello (2004) Michel Gondry
La disposizione delle fonti di luci è un’operazione fondamentale. L’aspetto apparentemente naturale della luce è un effetto sapientemente ottenuto. Per ottenerlo, si è approntato il sistema a tre luci, una pratica sviluppatasi nel cinema classico di Hollywood per realizzare un’inquadratura adeguatamente illuminata. Il sistema a tre luci è formato da:
Questa disposizione non è obbligatoria, ma è solo uno schema generalmente condiviso. Il sistema a tre luci prevede che le luci vengano spostate ogni volta che la camera si sposta per realizzare una nuova inquadratura. Gran parte delle scene vedono la presenza di combinazioni di numerose e diverse luci, dure e morbide, visibili e invisibili, e variamente direzionate.
L’impostazione luministica americana ha influenzato gran parte del cinema mondiale. Negli stessi anni in cui a Hollywood si metteva a punto il sistema a tre luci, in Germania, all’interno del cinema espressionista, si sperimentava un altro approccio all’assetto luministico del film. L’illuminazione espressionista tedesca si caratterizza per un forte uso del chiaroscuro e per la giustapposizione nella stessa inquadratura di zone estremamente illuminate ad aree buie. Nell’Illuminazione espressionista il conflitto tra luce e ombra acquista una valenza spiccatamente simbolica. Viene utilizzata per drammatizzare i conflitti, in particolare quelli psicologici, ad esempio illuminando il viso con un forte contrasto, per sottolineare il carattere ambiguo del personaggio. La proposta espressionista è entrata a far parte del cinema hollywoodiano diventando l’emblema dei film noir, un genere identificabile per la cupezza dell’illuminazione e per il forte chiaroscuro.
Il gabinetto del dottor Caligari (1920) Robert Wiene
Nel cinema classico la luce è orientata sulla figura del personaggio principale per favorire nello spettatore riconoscimento e identificazione. Con la nascita del Neorealismo invece si usa la luce in modo minimale, con lo scopo di descrivere la realtà in modo quasi documentaristico. Le luci vengono riprodotte così come sono, senza essere trasformate. Si fa dunque un forte uso della luce naturale, in cui tutto deve sembrare totalmente reale. La luce naturale può essere utilizzata anche nella ricostruzione di un’epoca passata. Stanley Kubrick per il film Barry Lyndon fa esclusivamente uso di luci naturali e molte scene notturne o ambientate in luoghi bui sono illuminate esclusivamente dalla luce delle candele.
The Tree of Life (2011) Terrence Malick
L’intensità della luce sulla scena può essere contrastata o diffusa. In natura, la luce contrastata equivale al sole di mezzogiorno, mentre la luce diffusa somiglia ad una giornata lievemente nuvolosa.
L’infernale Quinlan (1958) Orson Welles
L’illuminazione si basa sulla manipolazione e gestione delle fonti di luce nella loro interazione con gli elementi della messinscena. La direzione della luce è sempre data da una triangolazione ai cui vertici ci sono la camera, il soggetto e la fonte di luce. Ci sono varie direzioni:
L’esorcista (1973) William Friedkin
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