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Lezioni di cinema: Il Montaggio

Fin ad ora abbiamo parlato della scenografia, l’illuminazione, il colore, la fotografia, il costume e il trucco, la recitazione, l’inquadratura, la prospettiva, il punto di ripresa, i campi e i piani, i movimenti di camera, il piano sequenza, il punto di vista,il suono, la musica, la voce e il rumore. Ora approfondiamo le caratteristiche del montaggio. 

Memento (2000) Christopher Nolan; Montatrice: Dody Dorn

Il montaggio

Il film è costituito da una serie di pezzi: le inquadrature. Lo spettatore però, guardando un’opera cinematografica, ha una impressione di continuità. Tra due inquadrature c’è sempre un taglio, uno stacco, un passaggio invisibile tra un segmento di ripresa e un altro. Questi stacchi non sono mai casuali ma obbediscono a precisi codici. Il montaggio è l’operazione della messa in serie delle inquadrature in modo da rafforzare il senso del racconto e costruire una narrazione coerente.

Psyco (1960) Alfred Hitchcock; Montatore: George Tomasini

Messa in serie e raccordi

Il lavoro del montatore prevede un montaggio provvisorio, che tiene conto di tutte le scene girate e della successione stabilita dalla sceneggiatura, a partire dal quale in un secondo momento sarà realizzato il montaggio definitivo, detto director’s cut. La messa in serie delle inquadrature prevede due fasi:

  • selezione: si distinguono dal girato le inquadrature migliori;
  • combinazione: si incollano i pezzi prescelti

Per rendere il più possibile invisibili gli stacchi si usa la tecnica dei raccordi. Il raccordo è qualsiasi elemento di continuità tra due inquadrature e può essere:

  • iconizzato: il raccordo è reso percepibile attraverso specifici segni di interpunzione, come dissolvenze e tendine;
  • non iconizzato: la transizione avviene semplicemente con uno stacco.

Shining (1980) Stanley Kubrick; Montatore: Ray Lovejoy

Il montaggio classico

Nei primi anni di vita del cinema il montaggio non esisteva e i film erano una sorta di teatro filmato. Dal 1915, con l’affinarsi del linguaggio cinematografico, si è affermato il montaggio classico detto anche découpage (taglio in francese). Esso raccorda le inquadrature in modo che lo spettatore non se ne renda conto e quindi si immedesima più facilmente nella vicenda narrata. Nel découpage si scompongono le scene in tante inquadrature originate da diversi punti di ripresa per poi successivamente ricomporle. La scomposizione avviene nella fase della realizzazione coordinata dal regista; nella fase di montaggio avviene la ricomposizione in modo da ricostruire un racconto fluido, apparentemente senza stacchi.

The Truman show (1998) Peter Weir; Montatori: William Anderson, Lee Smith

La leggibilità delle immagini

Il montaggio classico aspira all’invisibilità ottenuta attraverso una sapiente e codificata frammentazione percepita come naturale dallo spettatore. Nel dècoupage i tagli devono garantire la leggibilità delle immagini e contribuire alla comunicazione delle informazioni narrative, per consentire allo spettatore di orientarsi chiaramente nell’universo del racconto. Il sistema hollywoodiano ha creato il cosiddetto metodo di copertura che consiste nel girare ogni situazione da varie posizioni per ottenere un gran numero di inquadrature e una varietà di punti di vista. In fase di montaggio è possibile scegliere la combinazione migliore, quella che permette di vedere e di comprendere meglio. A garantire la fluidità del montaggio concorre anche un importante fattore di ordine luministico: l’equilibrio fotografico. In fase di ripresa, il direttore della fotografia si assicura che l’illuminazione sia uniforme affinché non si avvertano nel montaggio repentini sbalzi di luce e si ottenga una tonalità omogenea.

Lo Squalo (1975) Steven Spielberg; Montatrice: Verna Fields

La continuità dell’azione

Il montaggio ha soprattutto la funzione di rendere lo sviluppo di un’azione nello spazio e nel tempo, unendo momenti diversi della stessa azione, che si svolgono in spazi diversi, e offrendone una rappresentazione continua. Si possono intrecciare due linee d’azione diverse ottenendo l’effetto della simultaneità. Nel passaggio da un’inquadratura all’altra si istituisce un rapporto di causa-effetto grazie al quale viene mantenuta la continuità logica dell’azione, cancellando la percezione del taglio. Ogni inquadratura nel suo chiudersi deve consentire l’aggancio con la seguente mascherando così lo stacco. Il montaggio ha anche una funzione ritmica, poiché la gestione della durata delle inquadrature può creare l’effetto di una cadenza distesa oppure concitata. Esso consente anche di mettere in relazione lo sguardo di un personaggio con l’oggetto guardato (effetto soggettiva)

Toro Scatenato (1980) Martin Scorsese; Montatrice: Thelma Schoonmaker

Montaggio invisibile e discontinuo

Gli autori possono evitare un forte intervento del montaggio. A volte le azioni sono riprese senza frammentarle in più inquadrature attraverso long take e piani sequenza. Ci sono due tipi di montaggio:

  • invisibile: uno stile che non fa notare al pubblico l’esistenza di tagli all’interno della sequenza, assicurando la totale chiarezza dell’opera;
  • discontinuo: uno stile che rende evidente il proprio intervento per sottolineare, sintetizzare o commentare un passaggio narrativo.

Il montaggio invisibile è la modalità più diffusa nella storia del cinema, anche se è stata messa in discussione dalle avanguardie degli anni ’20, dalla Nouvelle Vague degli anni ’60 e dal cinema indipendente degli anni ’90.

I 400 colpi (1959) François Truffaut; Montatrice: Marie-Josèphe Yoyotte

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