I quattro ambiti principali della messinscena sono: l’ambientazione, l’illuminazione, il colore e la recitazione. Dopo aver parlato dell’illuminazione ci soffermiamo sul colore.
Al pari della luce, il colore gioca un ruolo essenziale nella resa figurativa dell’inquadratura. L’affermazione del colore nel cinema avviene soltanto a partire dagli anni 50 e per ragioni economiche, come era accaduto per il passaggio dal muto al sonoro. Il colore fu introdotto in funzione del rilancio del cinema, colpito da una forte crisi di pubblico. Dopo aver esaurito l’attrattiva del film in bianco e nero, l’industria punta sulle nuove pellicole a colori che rilanciarono il film come prodotto spettacolare. Ma l’avvento del colore impose nuove questioni. Innanzitutto, occorreva imparare a gestire la nuova tecnica che all’inizio conferiva alle riprese un aspetto artificioso, ben lontano dal realismo che si voleva ottenere.
Avatar (2009) James Cameron
La possibilità di riprodurre un mondo a colori offre al cinema nuove opportunità creative, permettendo di impiegare a fini narrativi l’assetto cromatico di un film. Il colore si propone come ulteriore strumento simbolico nell’organizzazione figurativa e nella definizione delle varie dinamiche della trama. I registi decidono di abbinare un personaggio o un luogo a un dato colore, di adottare una simbologia dei colori, di associare un colore a un tema o a una situazione ricorrente. Il colore in un film può creare un’atmosfera ed esaltare lo stato d’animo di un personaggio, ma soprattutto dà una linea precisa allo stile visivo che si vuole dare al film. Il colore può essere impiegato con intenti realistici oppure con esplicita teatralità, attraverso tonalità antinaturalistiche, costruendo richiami e rime cromatiche all’interno delle inquadrature. Il film a colori fa ormai parte delle consuetudini della produzione cinematografica ma negli ultimi anni il bianco e nero è usato da molti cineasti come scelta artistica e simbolica.
Roma (2018) Alfonso Cuaron
I colori non sono quasi mai percepiti come puri ma combinati. Le loro caratteristiche sono:
Il direttore della fotografia può scegliere di neutralizzare o di lasciare le tinte dominanti per raggiungere determinati risultati visivi. Tutte le opere cinematografiche si basano su una scelta di colori prevalenti.
Un colore è significativo non solo preso nella sua singolarità ma anche nell’accostamento con gli altri colori scelti per la resa visiva del film. Tali combinazioni possono svilupparsi secondo i seguenti schemi:
Grand Budapest Hotel (2014) Wes Anderson
I film riescono ad influenzare le nostre emozioni. Ogni singolo fotogramma può colpire il subconscio su più livelli e i colori giocano un ruolo essenziale se si vogliono stimolare sentimenti negli spettatori. La scelta dei colori di un film non è casuale, poiché colore è in grado di trasmettere effetti psicologici ed emotivi su chi lo osserva. Il colore predominante dell’opera può esprimere tensione o passione, indirizzare l’attenzione su un dettaglio significativo e indicare lo stile del film. Ogni tonalità produce atmosfere particolari che diventano funzionali al racconto.
Ad ogni colore corrispondono uno o più significati:
Un tempo i colori venivano modificati con dei filtri posizionati davanti alla fonte luminosa, mentre oggi vengono elaborati con i computer in fase di post-produzione. Se ne occupa il colorist, il quale esegue due tipi di intervento sul filmato: la color correction e il color grading.
Smetto quando voglio – Masterclass (2017) Sidney Sibilia
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