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L’elemento chiave della fotografia digitale: il sensore fotografico

Fino a qualche decennio fa, la fotografia era un mezzo abbastanza lento e costoso. La fotografia analogica era fatta di processi chimici che richiedevano un tempo di sviluppo molto lungo. Il risultato dello scatto non era immediato. Per ottenere la sua fotografia, il fotografo doveva prima sviluppare la pellicola attraverso l’utilizzo di sostanze chimiche e di un luogo apposito noto come camera oscura. Bisognava inoltre essere sempre muniti di diversi tipi di pellicola ed essere pronti a cambiarla a seconda dello scatto che si intendeva realizzare. Oggi la fotografia è un mezzo decisamente più accessibile ed economico. L’immediatezza della fotografia digitale ha eliminato i lunghi tempi della fotografia analogica. L’elemento di svolta è stato l’introduzione del sensore fotografico, che ha sostituito la pellicola e ne ha trasformato tutte le funzioni in chiave digitale. Sul sensore non troveremo sostanze chimiche, ma migliaia di collegamenti elettronici. Ma vediamo cosa più nel dettaglio di cosa si tratta.

Credits: www.fotografiamoderna.it

La formazione dell’immagine

Il sensore, così come la vecchia pellicola, non è altro che la retina della macchina fotografica; è proprio su di esso, infatti, che si forma ed imprime l’immagine che abbiamo catturato attraverso il nostro obiettivo. Più tecnicamente, il sensore è un piccolo rettangolo di silicio che si trova dietro al complesso ottico della fotocamera. In gergo fotografico si dice che il sensore si trova sul piano focale della macchina fotografica, ovvero il piano in cui si forma l’immagine. Si tratta di un congegno fotosensibile, ovvero sensibile alla luce. Attraverso la scelta dei tempi di scatto possiamo decidere per quanto tempo resterà esposto alla luce. Sul sensore si trovano milioni di minuscoli quadratini, i cosiddetti pixel, meno conosciuti anche come fotodiodi. Quando vengono colpiti dalla lunghezza d’onda della luce producono delle cariche elettriche, che attraverso algoritmi matematici contribuiscono alla formazione della fotografia.

Credits: www.lab.leica-camera.it

I colori

L’immagine che abbiamo catturato si imprime sul sensore in bianco e nero. I colori vengono fuori grazie a un filtro a mosaico che ricopre il sensore. Il più comune è noto come matrice di Bayer. Esso non è composto da tutti i colori, ma solo da tre: blu, verde e rosso. Ogni pixel è ricoperto da una tessera del mosaico e, quando viene colpito dalla luce, esclude le componenti dei colori diverse dal proprio. A questo punto i pixel inviano le proprie informazioni al processore, che, attraverso un algoritmo, provvede al processo di demosaicizzazione e mescola i tre colori.

Credits: www.aperturephoto.it

Scegliere il sensore è importante

Ogni tipologia di fotocamera ha un suo sensore specifico. Ecco perché è molto importante scegliere bene la macchina fotografica al momento dell’acquisto. Il sensore, infatti, determina la qualità delle nostre fotografie. Con la fotografia analogica non esisteva questa preoccupazione: alla pellicola si poteva pensare dopo l’acquisto della macchina. Dato che oggi esistono moltissimi tipi di fotocamere, anche le dimensioni dei sensori sono numerose. I più grandi che si trovano in commercio sono quelli che permettono di ottenere la migliore qualità delle immagini, in quanto sono composti da pixel di dimensioni più grandi; di conseguenza sono molto costosi. Si tratta dei sensori delle macchine fotografiche più performanti e professionali. Per chi si approccia alla fotografia per la prima volta, una reflex entry level con un buon sensore di dimensione più piccola può essere più che sufficiente.

Credits: www.chimerarevo.com

Le principali dimensioni dei sensori

Durante la loro fabbricazione, i sensori vengono ricavati da un wafer, una grande lastra di silicio. Da ogni wafer si può ottenere un certo numero di sensori, ma più sono grandi i sensori, meno se ne possono ottenere. Come già accennato, esistono tantissime dimensioni dei sensori, ma nella fotografia professionale, le più comuni sono quelle dei sensori full-frame e APS-C.
La dimensione dei sensori full-frame è la stessa del fotogramma delle vecchie pellicole 35 mm, ovvero 36x24mm. Questo tipo di sensore permette di ridurre i più grandi problemi qualitativi, come il rumore digitale. Possono, infatti reggere valori ISO molto alti. Molto comuni e più economici sono i formati APS-C, che sono più piccoli (23,6×15,7mm), ma consentono una discreta qualità dell’immagine.

Credits: www.fotonerd.it

Il fattore di Crop

Ogni obiettivo è costruito per un determinato tipo di sensore. Ciò, però, non significa che non possiamo utilizzare un obiettivo per full-frame su fotocamere con sensore APS-C. Possiamo farlo benissimo, ma ci saranno delle variazioni di focale che è bene conoscere. Se utilizziamo ad esempio un 30mm fabbricato per full-frame su una fotocamera con un sensore APS-C, l’obiettivo diventerà un 50mm, e viceversa. Questo fenomeno di restrizione della focale viene comunemente chiamato fattore di Crop. Ciò accade perché il sensore APS-C è posizionato nella parte centrale di un ipotetico full-frame. Per questo verrà utilizzata solo una porzione di obiettivo.

Credits: www.fotonerd.it

CMOS e CCD

I sensori non vengono classificati solo in base alle proprie dimensioni, ma anche in base alle proprie caratteristiche elettroniche. Sul mercato esistono principalmente due tipi di sensori: CMOS e CCD. Il primo ad essere introdotto è stato il CCD, inventato alla fine degli anni’60. Questo tipo di sensore non è del tutto digitale, in quanto converte le cariche elettriche in segnale analogico. Il sensore CMOS è stato introdotto negli anni ’90 ed è un sensore completamente digitale, in quanto converte le cariche elettriche in segnale digitale. Entrambi i sensori hanno i propri pro e i propri contro. Il CCD è molto più costoso e resiste meglio al rumore fotografico consentendo una migliore qualità dell’immagine. Il CMOS è più economico, ma è molto più soggetto al problema del rumore digitale.

Credits: fotografareperstupire.com

Paste fotografiche diverse

Sensori diversi danno anche paste fotografiche diverse. Più precisamente, ogni marca ha una propria pasta fotografica, che dipende strettamente dal sensore. La pasta della Canon, ad esempio, sarà diversa da quella della Sony. Al contrario delle dimensioni e delle caratteristiche elettroniche, la pasta non è un dato quantificabile, ma è legata alle sensazioni che può dare un’immagine scattata con una certa macchina fotografica. Esistono paste più morbide e intime, paste con colori più intensi e profondi, paste più digitali e televisive. Va da sè che al momento dell’acquisto la pasta fotografica è un altro degli elementi da tenere in considerazione.

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Conclusioni

Ora che avete capito cos’è il sensore, pensate bene quando comprate una fotocamera, soprattutto se si tratta di una macchina un pò più professionale, come una reflex. La scelta del sensore è fondamentale per la qualità delle vostre immagini. Molto spesso una buona accoppiata di sensore e obiettivo può dare risultati straordinari.

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