

Facebook rischia di perdere WhatsApp e Instagram: lo scontro con l’Antitrust USA
Facebook torna al centro dell’interesse pubblico. Oltre alle preoccupazioni riguardo la privacy degli utenti, si aggiunge l’indagine dell’Antistrust USA riguardo il pericolo di un’egemonia crescente e assoluta del social network.
Il tentativo del Governo statunitense è quello di separare, e quindi ripartire, il potere economico e strategico delle tre grandi piattaforme di Zuckerberg. Facebook, stando alle opinioni di Eric J. Sheridan e Rebecca Allensworth, è la più vulnerabile delle big tech USA, e una separazione potrebbe esporla al rischio di un fallimento.
Le operazioni di takeover di Istagram e Whatsapp sono avvenute rispettivamente nel 2012 e nel 2014. In quel contesto ne la Federal Trade Commission, che ha revisionato e valutato il caso, ne l’Antitrust USA avevano sollevato alcuna perplessità. Da quel momento gli investimenti per far crescere le nuove acquisite sono stati generosi, grazie ai quali sono cresciute in modo esponenziale.
Una separazione sarebbe quindi costosa, nell’ordine di miliardi di dollari, un danno per i consumatori e gli utenti, e per di più illegale. Questo è il cuore della difesa messa in atto dai legali di Zuckerberg.
Le critiche tuttavia non sono mai cessate, e questo accentramento di potere mediatico è stato sempre ritenuto rischioso per la libertà e per la concorrenza.
Facebook e l’Antitrust: i dettagli
Si attende in questo mese l’esito delle indagini del Sottocomitato Antitrust USA, condotte su Facebook e su altre società. I legali della big tech intanto hanno già preparato una strategia difensiva, in cui si ipotizza quali possano essere l’accuse mosse dall’Antitrust.
Il documento approfondito dal Wall Street Journal, offre una panoramica della difesa costruita da Facebook contro le autorità antitrust locali e i membri del Congresso, mentre questi continuano a indagare sulla posizione di potere della piattaforma e sulla sua condotta passata.


Mark Zuckemberg
Nel documento, Facebook spiega che annullare tali transazioni sarebbe impossibile, e obbligherebbe la società a investire miliardi di dollari per tenere i sistemi separati, con il rischio di un indebolimento della sicurezza a discapito degli utenti.
I pericoli tuttavia non sono solo per Facebook. Questa indagine fa parte di un processo molto più ampio. Lo scorso mese il Wall Street Journal aveva riferito che la Federal Trade Commission stava preparando una possibile citazione in giudizio per Facebook entro la fine dell’anno, e un’indagine governativa anche su Apple, Google e Amazon.
“Stiamo finalmente arrivando al punto di interrogare queste concentrazioni di informazioni senza precedenti e il loro potere che ne deriva”. Questa la dichiarazione di Shoshana Zuboff, professoressa alla Harvard Business School e autrice dell’articolo accademico “The Age of Surveillance Capitalism: The Fight for a Human Future at the New Frontier of Power”.
La guerra è dunque aperta, e potrà cambiare l’assetto economico e societario del mondo.
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Non solo Facebook: Amazon, Google, Apple
Gartner, la società multinazionale leader mondiale nella consulenza strategica, prevede che a Google e Facebook farà capo il 75% delle entrate pubblicitarie digitali in tutto il mondo entro la fine 2020. Un potere simile espone a grossi dubbi, sia per l’economia che per la quantità di dati sensibili che possiedono.
Inoltre, secondo un report dello scorso 12 giugno a cura di Jefferies, potrebbe infatti risultare difficile per la concorrenza avere prezzi d’acquisto più bassi (nel caso di Amazon) o invocare prodotti o servizi migliori (Google, Apple e Facebook). Le quattro big tech starebbero dunque danneggiando i consumatori e impedendo la concorrenza con strategie scorrette.
Mentre Facebook rischia una misura strutturale, le altre sono esposte al rischio di sanzioni.
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Il caso Apple
In particolare Apple, come ricorda Delrahim, è un’azienda che può usare l’esclusività “per impedire l’ingresso o diminuire la capacità dei rivali di raggiungere le economie di scala necessarie, in tal modo precludendo sostanzialmente la libera concorrenza”. L’allarme di Spotify, che accusava la Apple di pratiche anticoncorrenziali a danno dei competitor, ha incentivato questo corso di indagini. I regolatori europei stanno esaminando le tariffe che il produttore di iPhone addebita alle aziende nelle vendite tramite App Store.
Instinet ha calcolato che la divisione Apple che include l’App Store, rischia di subire una multa e dei provvedimenti per i limiti che ha posto a danno dei concorrenti, acquisendo una posizione di potere centrale.
Cosa aspettarsi
Come già accaduto all’IBM negli anni ’80 e ’90 e, successivamente a Microsoft, c’è la possibilità di dover affrontare anni di perdite, con quotazioni di mercato penalizzate dalle inchieste. Una misura simile stravolgerebbe del tutto l’asse del potere mediatico, costringendo le grandi aziende ad attuare strategie risolutive.
Più che mai adesso il potere mediatico è strettamente intrecciato con quello politico ed economico. È possibile che ci aspettino anni di grandi cambiamenti!