

Recensione – “Pinocchio” di Matteo Garrone
Una rassegna dei film più importanti della stagione. Di seguito la recensione di “Pinocchio” di Matteo Garrone
Matteo Garrone è ormai un maestro riconosciuto del nostro cinema. Il suo è uno stile scarno ed essenziale, camera a mano, e recitazione naturalistica. Un cinema neorealista, quasi documentaristico. Garrone è indubbiamente un vero artista nel senso più ampio del termine, anche se a volte può essere troppo elitario, meno popolare di quanto si creda. Ma va detto che con Gomorra ha creato un modello. Dopo il successo enorme di critica e di pubblico di quel film, Garrone ha tentato nuove strade alcune riuscite, altre meno: la commedia con Reality, il fantasy con Il racconto dei racconti e poi l’ottimo Dogman, un ritorno alle origini, alle sue storie borderline di gente che vive ai margini. Per molti è il suo miglior film, infatti ha ricevuto una valanga di premi.
La maledizione di Pinocchio
Quando Garrone ha annunciato di voler girare Pinocchio in molti si sono chiesti se fosse il progetto giusto. Il suo stile è lontano dai film per famiglie, seppure una traccia di fiaba nera sia sempre stata presente nei suoi racconti. E l’incursione nel fantasy con “Il racconto dei racconti” è stata fallimentare. Ma soprattutto Pinocchio è un progetto che ha ucciso tante carriere. Nessuno è riuscito a eguagliare il capolavoro televisivo di Comencini, unico modello di riferimento. Quando poi si è venuto a sapere che Roberto Benigni avrebbe interpretato Geppetto, i fucili erano già puntati. Benigni è uno di quelli che è uscito con le ossa rotte dal confronto con Pinocchio, condizionando forse per sempre la sua carriera cinematografica. Il flop sembrava assicurato. Invece a sorpresa il film incassa ben 15 milioni di euro. Un risultato al di sopra delle più rosee aspettative. E’ la magia del cinema.
Un Pinocchio tradizionale
Ma com’è il film? Forse per paura di spiazzare il pubblico, il Pinocchio di Garrone è troppo filologicamente corretto, segue pedissequamente il libro e il regista ci mette poco di suo. Chi pensava fosse una rilettura dark sarà rimasto deluso. Il regista non ha cercato di attualizzare il testo. Non c’è l’impronta della contemporaneità, non ne fa una metafora del presente. Non vuole essere incline alle mode e il suo Pinocchio potrebbe essere un film degli anni 60. Come se un nuovo modo di approcciare alle fiabe non sia mai esistito (si pensi alle rivisitazioni di Guillermo del Toro). Il film va avanti senza molte emozioni, è come leggere un libro che si conosce e un po’ ci si annoia. Sarà che sono state già fatte troppe riletture ed è difficile trovare un punto di vista originale (il motivo per il quale la maggior parte dei registi sia ossessionata dalla storia di Pinocchio è roba da psicanalisi). Manca una fluidità narrativa, forse si è dovuto tagliare qualcosa, si veda il poco spazio a figure importanti come il Grillo parlante e Lucignolo. Il Pinocchio di Benigni, per quanto non riuscito, si prendeva dei rischi, aveva un bel finale che contraddiceva quello collodiano (forse è arrivato il momento di rivalutarlo?)
La miseria e la povertà
Questo Pinocchio è però tecnicamente ineccepibile e visivamente affascinante. A livello visivo è il massimo che si possa avere in Italia. Si sa che Garrone è prima di tutto un pittore, un compositore di immagini. Fotografia, costumi e scenografia sono impeccabili. La povertà delle case e gli spazi aperti rendono perfettamente la miseria dell’Italia dell’epoca. Si percepiscono il legno, la polvere, la terra. Questo è forse l’aspetto più interessante di questa rilettura. Il Pinocchio ricostruito artigianalmente e con pochi effetti speciali è abbastanza inquietante ed efficace.
Roberto Benigni e Pinocchio
La scelta di Benigni si rivela ottima. Benigni interpreta un Geppetto umano, misero e commovente. Lo sguardo di quando costruisce suo figlio non si dimentica. I momenti più umani ed emozionanti sono i suoi. Avrebbe meritato tutti i premi possibili ma si sa che in Italia se hai successo e talento poi lo paghi e Benigni sta scontando un odio totalmente fuori misura. Però, a parte lui, il cast di contorno non funziona. Deludenti Papaleo e Proietti. Le due fatine non restano. Si salva solo Ceccherini che ha la follia giusta della Volpe. Il bambino che fa Pinocchio è bravissimo ma il trucco lo limita.
Il successo del film
Non si capisce bene quale possa essere il target del film. Forse i bambini possono annoiarsi e gli adulti non trovarlo interessante. Ma nonostante una certa freddezza della critica, il pubblico è accorso in massa. Ottima è stata l‘idea di Rai cinema di lanciarlo a Natale come un prodotto per famiglie. Va dato atto a Garrone di averci creduto fino in fondo contro tutti e aver rischiato personalmente anche a livello produttivo. Il successo del film è un segnale positivo perché il cinema italiano non può vivere di sola commedia. Quindi, a prescindere dai limiti dell’opera, l’operazione è lodevole e Garrone si conferma un autore di tutto rispetto con una visione del cinema originale e personale.
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