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La città verrà distrutta all'alba

La città verrà distrutta all’alba – Recensione

La città verrà distrutta all’alba, di George Romero, il padre di “Zombie”, una delle sue opere più celebri. Scritto e diretto nel 1973, questo film – ingiustamente – è stato fagocitato dalla fama conquistata dalla celeberrima saga dei morti viventi.

La città verrà distrutta all’alba

Sono molti i film con tema “epidemia” trasmessi in questo delicatissimo periodo di emergenza da Coronavirus. Una scelta che, se da una parte denota una indiscutibile mancanza di delicatezza nei confronti di tutte quelle persone che hanno perso la vita a causa del Covid; dall’altra sottolinea l’attenzione delle emittenti televisive verso quegli argomenti che, in questo contesto, non possono assolutamente risultare “lontani” agli spettatori.

Quest’ultimi, ovviamente, hanno risposto in massa alla “chiamata alle armi” dell’elettrodomestico dallo schermo piatto riempiendo le loro serate con la visione di film come “Pandemia”, “Virus Letale” e “Contagion”. E questo titolo, più di ogni altro, ha suscitato le maggiori inquietudini, spingendo le persone a domandarsi se, trasmettere un film sulla pandemia in piena pandemia, fosse la decisione migliore.

La città verrà distrutta all'alba

La città verrà distrutta all’alba: una delle opere più controverse di Romero

Il film del 2011 diretto da Steven Soderbergh è stato solo uno dei tanti film a tema trasmessi in questi mesi, ma su nessun canale televisivo è stato possibile ritrovare il capostipite dei film sulle epidemie (anche di follia). Stiamo parlando di “La città verrà distrutta all’alba”, di George Romero, il padre di “Zombie”, una delle sue opere più celebri.

Scritto e diretto nel 1973, questo film – ingiustamente – è stato fagocitato dalla fama conquistata dalla celeberrima saga dei morti viventi. Stiamo parlando, invece, di una delle creazioni più interessanti e complesse di Romero. Il regista americano è riuscito a dare lustro e semplicità alla filosofia antimilitarista cui erano pregni gli Stati Uniti dei primi anni 70; ancora col braccio intorpidito dalle cocenti umiliazioni del Vietnam (il film, infatti, veniva girato negli ultimi anni del conflitto).

“La città verrà distrutta all’alba” narra l’incontrollabile violenza che travolgerà la società, in preda alla diffusione del virus “Trixie”. Un esercito impotente davanti all’emergenza, a tratti osceno, più interessato a depredare cadaveri piuttosto che propenso ad aiutare il prossimo.

Violenza, disorganizzazione strategica e procedure marziali

Violenza, disorganizzazione strategica e procedure marziali sono il messaggio con cui Romero sferra il suo feroce attacco alla struttura militare che governava l’America in quegli anni. Una rappresentazione lucida, senz’altro, ma anche dal sapore acre di quella società quotidianamente graffiata da tensioni sociali e politiche. Erano gli anni in cui i ragazzi scendevano in strada per protestare e mostrare il loro dissenso. E Romero ha cavalcato quest’onda con una metafora cinematografica. A nessuno, infatti, sfuggì la somiglianza dei civili, in rivolta a causa della diffusione del virus, con i tanti manifestanti sessantottini.

La città verrà distrutta all'alba

La città verrà distrutta all’alba ha un messaggio chiaro: “In una situazione di follia, chi sono i veri pazzi?”

La città di Evans City, un tempo tranquilla cittadina della Pennsylvania e ora in preda all’emergenza batteriologica, pone l’accento sulla turpe violenza tra gli infetti e chi dovrebbe proteggerli e anche soccorrerli. Una vergognosa incomunicabilità tra due schieramenti sottolineata finanche dal titolo originario del film: “The crazies”.

Romero, come spesso ha fatto nelle sue pellicole, al termine della visione, lascia lo spettatore in preda al dubbio, regalandogli la voglia di porsi domande; politiche e non solo. Anche intellettuali e sociali. Una domanda che, sicuramente, ci siamo posti anche noi in questi lunghi mesi di emergenza Covid:

“In questa situazione di follia, chi sono i veri pazzi?”

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