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L’ultimo bacio – 20 anni dopo

20 anni fa, Il 2 febbraio 2001, fa il suo ingresso nelle sale un piccolo film che rivoluziona il cinema italiano: “L’ultimo bacio”, con la regia di un giovane regista ancora poco conosciuto, Gabriele Muccino. Oltre a conquistare parte della critica, il film incassa 13 milioni di euro al botteghino, cifra enorme per un film italiano non comico, rimanendo per ben sei mesi in programmazione nelle sale. La pellicola ottiene un buon successo anche all’estero, esce nei cinema degli Stati Uniti e ne viene tratto un remake. Perché dopo 20 anni è possibile dire che L’ultimo bacio ha cambiato il cinema italiano?

L’ultimo bacio – venti anni dopo

“L’ultimo bacio” segnò una svolta per l’agonizzante cinema italiano degli anni 90, che allora era quasi inesistente. C’erano solo qualche exploit del comico del momento (Aldo Giovanni e Giacomo, Pieraccioni) e film d’autore che non andava a vedere nessuno. Fino all’arrivo di questa pellicola. Un successo nato spontaneamente per volere del pubblico, che dietro non aveva nessuna strategia di marketing. C’era sicuramente un titolo accattivante che veniva dal brano portante di Carmen Consoli, all’epoca nel suo periodo d’oro. Ma non aveva attori di richiamo (solo Accorsi era conosciuto dai ragazzi per Radiofreccia e Jack Frusciante ma lontano dall’essere una star). Muccino poi era un regista semi-sconosciuto (il suo precedente film, “Come te nessuno mai”, non andò benissimo in sala ma fu un cult in home video). Ai tempi “L’ultimo bacio” creò discussioni, fu argomento di dibattiti sulla generazione dei trentenni rappresentata, circolavano leggende di coppie che si lasciavano all’uscita del cinema. Muccino accende i riflettori su un cinema italiano considerato minore e provinciale e lo fa diventare cool, qualcosa di cui si può parlare.

Una svolta nel cinema italiano

Qualche settimana dopo “L’ultimo bacio” sarebbe uscito un altro film, “Le fate ignoranti” di Ferzan Özpetek, anch’esso con Stefano Accorsi, e così si ebbe l’esplosione contemporanea di due nuovi registi che avrebbero segnato il cinema italiano negli anni a venire, entrambi con uno stile riconoscibile e il cui nome è sufficiente a portare pubblico in sala. Nasce nel 2001 un nuovo cinema italiano, il pubblico inizia a fidarsi di nuovi attori e nuovi registi grazie a film che che hanno la capacità di parlare al pubblico senza essere elitari (Io non ho paura, Romanzo criminale, Mio fratello è figlio unico, Non ti muovere, Gomorra, Il divo, La prima cosa bella), “L’ultimo bacio” è stato il primo di film italiani che finalmente raccontavano storie interessanti per il grande pubblico.

Un manifesto generazionale

“L’ultimo bacio” racconta di un gruppo di amici i quali, alla soglia dei trent’anni, si trovano a riflettere sulla loro vita e le loro scelte, nella paura di essere ingabbiati dai doveri del lavoro e della famiglia. I trentenni sono stati raccontati da sempre nel nostro cinema, dai “Vitelloni” di Fellini a “Ecce bombo” di Moretti, dai film di Salvatores con Abatantuono ai “Laureati” di Pieraccioni. Ma Muccino qui è lontano dalla goliardia dei film citati. Il successo de “L’ultimo bacio” è dovuto all’identificazione totale del pubblico nei protagonisti e nei loro problemi. Sono dei tipi che tutti conosciamo: la coppia alle soglie del matrimonio e in attesa del figlio, l’amico che non riesce a dimenticare un amore finito male, la ragazzina adolescente che si innamora di un uomo adulto, la coppia in crisi dopo la nascita di un figlio, il ragazzo che cambia donna ogni sera ma è infelice, la donna in crisi di mezza età che non si rassegna alla vecchiaia. In loro è impossibile non riconoscere qualcosa dei nostri amici e di noi stessi.

Un film maschile non maschilista

“L’ultimo bacio” è un film molto maschile, ma per nulla maschilista come qualcuno ha cercato di dire. Muccino rappresenta uomini insicuri e fragili, con la paura di crescere e fare scelte irreversibili. Carlo (Stefano Accorsi) è un uomo menzognero e vile che, poiché sta per diventare padre, vuole rimettere in gioco la sua vita e quindi perde la testa per una giovane diciottenne. Muccino ci sbatte in faccia i difetti del maschio contemporaneo, una fotografia quasi imbarazzante, uno specchio in cui non vogliamo riconoscerci. Le donne invece sono viste come più mature e responsabili, in cerca di continue conferme e quindi possessive ed orgogliose. Come si vede nell’evoluzione di Giulia (Giovanna Mezzogiorno), da donna mite ad un’esplosione incontrollata di rabbia quando tutto crolla. Muccino non consola il pubblico, come si vede nella scena finale, il vero colpo di genio del film. Accorsi fa un monologo sulla sua nuova vita borghese ma ipocrita in cui sembra un uomo migliore ma nell’ultimo frame, in un finale da commedia all’italiana, si ribalta tutto ed è la donna a prendersi la rivincita. Nessuno è mai stato così cattivo con gli uomini, altro che maschilismo.

Lo stile di Muccino

Muccino ha uno stile totalmente personale e innovativo per il cinema italiano dell’epoca. Il regista realizza un melodramma classico ma girato come un film d’azione, riuscendo a tenere le redini di più storie insieme con un ritmo elevatissimo. Dalla prima scena si entra in un vortice di musica incessante, di movimenti di macchina avvolgenti, di un montaggio sincopato che fa iniziare una scena da una parte e la conclude in un’altra. Muccino imprime un suo stile anche nella recitazione degli attori, un recitare affannato e respirato che esplode in rabbia. Il regista non a caso qualche anno dopo verrà chiamato dall’America per girare dei film all’interno della loro industria a contatto con le migliori star (“La ricerca della felicità”, “Sette anime”). In Italia invece nasce un certo odio verso di lui, che continua tuttora, perché ha scardinato alcuni dogmi del cinema d’autore. Muccino può piacere o non piacere ma tecnicamente sa come raccontare una storia e in un suo film non ci si annoia mai

Un nuovo star system

“L’ultimo bacio” porta soprattutto ad un ricambio generazionale nel cinema italiano, creando un nuovo star system di attori che instaurano un rapporto continuativo con il pubblico, diventando facce e nomi riconoscibili. Stefano Accorsi è ancora oggi uno dei nomi più apprezzati del cinema nostrano. A quei tempi era realmente fidanzato con Giovanna Mezzogiorno, infatti sullo schermo sono una coppia perfetta (e forse il film ha contribuito a farli lasciare come con la Kidman e Cruise in “Eyes wide shut”). La Mezzogiorno diventa una delle nostre attrici più apprezzate così come Claudio Santamaria e Pierfrancesco Favino, che qui è in un piccolo ruolo ma poi esploderà in seguito. Ci sono anche Giorgio Pasotti, Sabrina Impacciatore, Martina Stella alla sua prima apparizione, Marco Cocci e Regina Orioli direttamente da “Ovosodo”. Ma soprattutto il grande rilancio di Stefania Sandrelli in un ruolo che la segnerà facendola diventare la capofamiglia in milioni di fiction e film. Il successo è dovuto anche all’alchimia tra questi attori, che rendono questo gruppo di amici credibile agli occhi del pubblico.

Un’altra Italia

Ciò che emerge a distanza di 20 anni è l’immagine di un’altra Italia. I trentenni di allora avevano famiglia, casa e lavoro e volevano fuggire dalla routine quotidiana. Ora i trentenni sono senza lavoro, senza alcuna prospettiva e al contrario c’è la ricerca disperata di certezze. Ciò può far sembrare “L’ultimo bacio” un film datato, ma la voglia di libertà esiste sempre a prescindere dalle condizioni sociali ed economiche. Nel febbraio del 2001 ancora si poteva sognare di viaggiare e fuggire dalla propria vita, ma dopo l’11 settembre il mondo è stato travolto dalla paura. Quei trentenni erano gli ultimi che potevano mettere in discussione la propria vita perché una vita ce l’avevano, praticamente un altro secolo. “L’ultimo bacio” è l’ultimo vero fenomeno culturale italiano del 900.

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